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Mutui: in vent'anni il tasso variabile senza rivali

di Cristiano Dell'Oste

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27 aprile 2009

L'ultima rilevazione non ha sorpreso nessuno, almeno tra chi si intende di mutui. Quattro clienti su dieci, al momento di comprare casa, scelgono il tasso variabile. Alla fine del 2008 erano la metà – secondo i dati di MutuiOnline – e ora il pareggio con il tasso fisso non sembra lontano. Quello che potrebbe sorprendere, invece, è il risultato di una simulazione effettuata per «Il Sole 24 Ore» dal Centro studi Sintesi su un mutuo tipo da 100mila euro. I ricercatori hanno calcolato quale sarebbe stato il tasso più conveniente per 20 prestiti stipulati dal 1990 al 2009. Ebbene, in 18 casi su 20 il mutuo a tasso fisso è risultato più costoso di quello a tasso variabile: in pratica, chi lo ha scelto ha pagato più interessi.

La rata variabile non è sempre stata più leggera di quella fissa. Ma i periodi in cui il rialzo dei tassi l'ha spinta oltre l'altra sono stati troppo pochi per controbilanciarne il maggior costo. Con la sola eccezione dei mutui iniziati tra il 2004 e il 2007: qui, in due casi su quattro la convenienza del variabile si è assottigliata, mentre negli altri due casi il fisso è risultato leggermente meno costoso (anche se i finanziamenti sono ancora in corso e il giudizio non è definitivo).

La spiegazione si annida nella curva dei tassi. «Da giugno del 2003 alla fine del 2005 il tasso fissato dalla Banca centrale europea è rimasto al 2%, basso e costante – spiega Michele Bacco, ricercatore del Centro studi Sintesi –. Poi da dicembre 2005 a giugno del 2007 è stato portato al 4 per cento». E un incremento improvviso del costo del denaro è esattamente lo scenario che favorisce il fisso ai danni del variabile (che è mediamente più rapido nell'adeguarsi al costo del denaro). Quindi, chi si trovasse ad avviare un prestito in questo scenario, potrebbe puntare subito sul fisso preparandosi a passare al variabile non appena si esaurisce la spinta degli adeguamenti.

Nel guardare agli ultimi 20 anni, oltre ai tassi, bisogna considerare l'evoluzione del mercato. «Prima del 2000 i mutui erano un fenomeno contenuto. Nel 2008, invece, l'indebitamento delle famiglie per l'acquisto di abitazioni è arrivato al 19,9% del Pil», spiega Luca Dondi di Nomisma. Un fenomeno dietro al quale ci sono i bassi tassi d'interesse, ma anche la perdita di capacità d'acquisto. «Tra il 1991 e il 2007 – prosegue Dondi – il reddito familiare nominale è aumentato in media del 20,8%, mentre i prezzi delle abitazioni sono cresciuti del 95 per cento». Le case, in termini relativi, sono diventate più costose. E i mutui, di conseguenza, si sono fatti più pesanti.

C'è da chiedersi, allora, se il passato possa servire da insegnamento. E se il tasso variabile sia la scelta migliore anche oggi. Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline, predica cautela: «A causa della crisi oggi i tassi sono bassi ed è probabile che in futuro raggiungano un livello di maggiore equilibrio. Per questo, chi stipula un mutuo a tasso variabile di lunga durata dovrebbe mettere in conto un incremento di almeno 2-3 punti percentuali». In denaro, 150 euro in più al mese per un prestito da 100mila euro a 20 anni. Quanto alla possibilità di bloccare l'esborso mensile, Anedda ricorda che «il tasso fisso oggi è solo di qualche decimo di punto sopra i suoi minimi storici». La tentazione, dunque, ci sta tutta. Ma senza dimenticare che negli ultimi 20 anni la serenità della rata fissa è stata pagata a caro prezzo. E che nessuno può ragionevolmente prevedere se in futuro si determinerà quella situazione di tassi in rapida crescita che premia il fisso a discapito del variabile.

Quale che sia la propria scelta, perciò, è bene prepararsi a gestire attivamente il mutuo. Perché oggi c'è la possibilità di correggere le caratteristiche del prestito in corso d'opera. Il tutto, però, senza farsi prendere dalla frenesia di cambiare. «Se il cambiamento non permette di ridurre il tasso di almeno l'1-1,5% – rileva Anedda – i vantaggi rischiano di svanire rapidamente».

27 aprile 2009
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